Gli album che rimangono nel cuore (per intenderci,
capolavori come "Symphony Of Enchanted Lands" dei Rhapsody Of Fire, "Century Child" dei Nightwish, "Holy Land" degli Angra) possono essere paragonati a veloci
esploratori, il cui piede, deciso e rapido, li conduce là dove nessuno è mai
giunto prima. Gli italiani Holy Shire, in quest'album, si dimostrano piuttosto
un viandante stanco, il quale ha perso la strada ed erra goffamente alla
ricerca della via da seguire senza la minima concezione della direzione verso la
quale muoversi. Fortemente debitore di colossi del Symphonic Metal come Therion
ed Epica, "Midgard" è un coacervo di idee raggruppate alla bell'e meglio, senza
un'idea strutturale di canzone e senza una seria attenzione prestata alla
qualità del songwriting. Alcuni temi azzeccati, onestamente, ci sono, ma si
perdono in un mare di linee vocali mal concepite (in specie quelle femminili,
che una voce maschile graffiante e decisa non riesce a rianimare), soluzioni
strumentali discutibili e riff slegati tra loro. I brani non possono dirsi
tremendi: tuttavia, con alcune valide eccezioni, risultano blandi, insipidi,
scontati. L'originalità, che sembra l'obiettivo tenacemente perseguito da
questa band, manca. Con "Bewitched", il brano iniziale, il nostro viaggiatore mette
un piede in fallo: la canzone non è brutta ma insignificante, e lascia il
nostro pellegrino confuso e dubbioso su quale sia il sentiero giusto che lo
condurrà alla meta. Con "Winter is Coming", ispirata al ciclo de 'Le Cronache del
Ghiaccio e del Fuoco' di George Martin (meglio conosciuto come Game Of Thrones,
la serie televisiva della HBO che ha tanto appassionato gli spettatori del
piccolo schermo quanto indignato i lettori della saga), l'andatura si fa più
decisa e si assiste a una ripresa: la struttura musicale è tendenzialmente più
riflessiva e curata, il ritornello orecchiabile e melodioso. La traccia
successiva, "Gift of Death", ha alcuni buoni riff e certe idee apprezzabili; è,
tuttavia, troppo ripetitiva e banale per risultare interessante. Stessa cosa
per "Overlord of Fire", più aggressiva e ritmata ma non per questo meno scialba. "Holy Shire", la quinta traccia, presenta degli ottimi arrangiamenti strumentali
e orchestrali (qui il flauto, che in altre canzoni sembra inserito senza reale
necessità, diventa elemento portante e centrale, azzeccato e ben pensato), con
un'ottima apertura; un vero peccato che le linee vocali (in specie nel
ritornello) non siano all'altezza. "The Revenge Of The Shadow" è un momento da
dimenticare, un attimo di sconforto dell'infelice pellegrino alla ricerca della
strada perduta. La settima canzone, "Beyond", si apre con un bellissimo tema di
pianoforte, evocativo e rasserenante. Se fosse stato un breve lento,
probabilmente avrebbe risollevato le sorti dell'album; purtroppo, nello stesso
momento in cui entrano chitarre e batteria, il brano perde la magica atmosfera
con cui si era aperto e la banalità si riprende lo spazio sottrattole. Sulle
note di "Holy War", brano più in stile Heavy, il viandante stanco cade sulle
ginocchia, preda dello sconforto e della spossatezza; il dubbio rode la sua
mente affranta. Parallelamente, l'ascoltatore si trova a dover lottare contro
le stesse sensazioni, come Bastiano de 'La Storia Infinita' vive empaticamente le
disavventure del guerriero Atreiu. "Midgard", la traccia più lunga, nonostante
sia afflitta da quasi tutti i difetti che affliggono i precedenti brani, è più
gradevole, grazie a un'introduzione eccellente, un songwriting più equilibrato
e una struttura più scorrevole. "Greenleaves", la bonus track, è una
reinterpretazione del celebre brano tradizionale. Come procede a questo punto
il viaggiatore errante? La notte è ormai calata ed egli, perennemente preda del
dubbio e dell'incertezza, vagherà senza criterio, finché le sue energie
verranno meno ed egli crollerà tremante e debole al suolo. "Midgard" risulta, nel
complesso, un pasticcio incredibile, il passo falso di una band che ha buone
potenzialità, ma necessita urgentemente di un buon songwriter.
VOTO: 5/10
-Maglor-
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