mercoledì 16 aprile 2014

ELDRITCH - TASTING THE TEARS


Dico subito la verità: dopo che una certa band italiana (di cui giustamente non farò nome) non apprezzò particolarmente la mia recensione al loro album di debutto, era diventato sempre più difficile per me recensire materiale proveniente dal nostro paese, limitandomi solamente a qualche demo o EP pur di non riavere gli stessi problemi che ebbi in precedenza dopo questo episodio. Ancor più difficile si rivela il dover trattare un album di una band storica del nostro panorama di cui sono tutto sommato un fan, nel quale tenevo un leggero terrore di poter ascoltare una vera delusione piuttosto che un altro gioiello di musicalità pura. Ebbene “Tasting The Tears”, l'ultimo nato in casa Eldritch, è riuscito a distruggere queste due barriere mentali che mi attanagliavano da diverso tempo e, durante i ripetuti ascolti di questo album, mi sono più volte chiesto se il gruppo in questione fosse davvero in piedi da oltre vent'anni e composto perlopiù da persone di una certa età, vista l'incredibile qualità che permea ogni aspetto della loro creatura. Ma andiamo con ordine: per chi non li conoscesse, gli Eldritch sono probabilmente la band più importante del Metal italiano di fine anni '90, il cui sound mescola efficacemente il miglior Progressive Metal anni '80 (dei padrini Queensryche, Fates Warning e Rush) con parti Thrash e Power, tutto sostenuto dalle portentose vocals di Terence Holler (di cui potete trovare una mia intervista qui), i riff tecnici ma eleganti e possenti di Eugene Simone e Rudj Ginanneschi, il tessuto tasteristico di Gabriele Caselli ed infine il tappeto ritmico compatto e fantasioso di John Crystal e Raffahell Dridge. Andando al disco in questione, sono passati 16 anni dal loro capolavoro “El Niño” e gli ultimi lavori, per quanto gradevoli, iniziavano a mostrare una certa stanchezza, ma “Tasting The Tears” è una vera bomba di potenza ed eleganza ispirante come non mai: già l'oscura ma incantevole “Alone Again” (rilasciata come anteprima) ne dava la dimostrazione sicura, e con l'iniziale “Inside You” già il gruppo si mette in mostra con i suoi riff tecnici ma al contempo orecchiabili e di facile approccio, per non parlare della voce inimitabile di Holler e dell'enfasi che raggiunge nel ritornello, che da sola vale subito l'acquisto del disco. La title track, di molto sul lato Power caratteristico degli ultimi Angra, è un'altra micidiale conferma di intenti ed è da qui che il disco fila in maniera liscia e senza intoppi fino alla fine lasciando stupefatti dinnanzi a tale meraviglia. “Waiting for Something”, con il suo andamento lento, ipnotizza fin da subito; “Something Strong” è probabilmente il pezzo più suddito al Thrash Metal di tutto l'album ma non per questo meno bello rispetto agli altri. L'apertura tastieristica di “The Trade” è di una bellezza quasi commovente, in “Clouds” ci scappa perfino un assolo di basso mentre le ballate “Iris” e “I will Remember”, con quest'ultima che chiude l'album, fanno riprendere respiro all'ascoltatore illudendolo al fatto che l'album duri ancora molto quando in realtà è ormai giunto alla sua conclusione. La performance ed il livello tecnico dei singoli musicisti è ancora una volta di livello elevatissimo, con Holler sempre in testa agli altri, anche se in un paio di ritornelli la sua voce sfiora eccessivamente passaggi tendenti al Pop e le parti di tastiera di Caselli hanno un ruolo più tendente all'atmosferico che al virtuosismo solista rispetto al passato. Altro neo da sottolineare è il fatto di come quasi tutte le canzoni dell'album posseggano bene o male la stessa struttura; non un difetto in sé, ma un pizzico di varietà in più in questo senso sarebbe stato preferibile. In sintesi “Tasting The Tears” è l'ennesima conferma di come le band storiche in Italia siano ancora in grado di pareggiare con i concorrenti più moderni, modernizzando il proprio sound legato al passato senza stravolgerne le peculiarità stilistiche e l'ispirazione; davvero i miei più sinceri complimenti a Holler e soci per quest'ennesima perla musicale. Disco Metal italiano dell'anno? Questo è difficile dirlo. Tra l'eccezionale “Are You Kidding Me? No!” dei Destrage, le uscite ormai prossime di Antropofagus e Gory Blister e il nichilista “Nero in Metastasi” dei Cripple Bastards è difficile dirlo con assoluta certezza. Si vedrà...

VOTO: 9/10

-ULTHAR- 



Ascolto 

Facebook

0 commenti:

Posta un commento