La croce non è abbastanza. A questo deve aver pensato Ponzio Pilato prima di quella che sarebbe diventata la crocifissione per eccellenza; tanto valeva programmarsela per bene, no? E quindi si apre il sipario, Ponzio infiamma il pubblico stile David Lee Roth (<<Volete Gesù o Barabba?>> <<Gesù!>> <<Non vi sento!>><<Gesùùù!>>), inizia la scalata, con frustate, torture di ogni tipo, corone di spine, aceto, insomma, tutto ciò a cui potrebbe pensare un Quentin Tarantino sotto acidi o, in alternativa, un gruppo con la mente particolarmente malata – o abbastanza per decidere di chiamarsi come un cannibale tossicodipendente. Le idee, infatti, sono materia che aleggia per aria, cercando asilo in anime genitrici di elucubrazioni contorte (spesso al limite del macabro). E se in più decidessimo di credere per un secondo alla trasmigrazione delle anime potremmo vedere il giudice della crocifissione reincarnarsi nel principio ispiratore del gruppo e dire <<Non basta! Non basta il Death vecchio modello osannato dagli incompetenti, non basta il Grindcore più casinaro come unica fonte di cazzeggio uditivo! Vogliamo roba nuova!>>. Detto fatto, gli HLR decidono di preparare un album dalle tracce brevi (chi ha tempo di ascoltare musica nel 2013?), che spazi dal Death al Grind con sprazzi Black, influenze Groove appunti Brutal, gemme Noise e un po’ di Macarena. Se l’ intro strumentale "Reborn To Die Twice", la cui presenza mi basta per un sei politico in ogni caso (ora lo sapete, future band che recensirò), ha un che che ricorda vagamente Filosofem, e solo Satana in persona sa quante volte sia rinato il Conte Burzum, la seconda traccia ci sposta avanti di parecchi anni, montando su base ritmica Groove un Death/Grind stile Dying Fetus. Per ventisei secondi, arrivando così penultima per lunghezza surclassando di venti secondi "Reveletions Six" (Impaled Nazarene? Iusoffabauai!). Così, tra brevi stacchi di basso e cadenze ritmiche che spaziano tra i Madball e i Boris di Amplifier Worship, l’album si rinnova di continuo, lasciando come carattere invariato la voce, ben piantata e sicura di sé, tanto da farci intendere che questo non è il classico album con cui pogare il sabato sera (cioè, il pogo è solo uno dei tanti utilizzi che potremmo fare dell’album). Ultimo appunto i testi, ma non dico niente perché non voglio rovinarvi la sorpresa (e poi sono le tre e ho fame). Levo un plauso agli HLR e vi do appuntamento all’ immantinente intervista al gruppo.
VOTO: 8/10
-Mørke-
Ascolto: http://hungrylikerakovitz.bandcamp.com/album/the-cross-is-not-enough
Facebook: https://www.facebook.com/hungrylikerakovitz?fref=ts
0 commenti:
Posta un commento