Il concetto alla base di "The Concreteness of Failure" è l'insostenibilità dei rapporti e delle dinamiche che regolano la società odierna e la quasi certezza che, a ben vedere, la nostra sarà l'ultima forma di società "civile" prima del collasso totale. Si può essere d'accordo, come me, oppure no; l'unica cosa che posso dire è che sono davvero molto contento del fatto che, dopo tanti anni fatti di sacrifici e sudore e musica, i Mothercare sono ancora in giro a far sentire la loro voce! Ricordo ancora come fosse ieri di quando lessi per la prima volta di loro in una recensione (periodo "Breathing instructions", per intenderci) pensando, stupidamente, che fosse uno dei tanti gruppi cavalcanti l'onda del fenomeno Nu Metal e che, di lì a poco, non se ne sarebbe più sentito parlare; senza sapere invece che sputavano sangue già da 10 anni quasi, e che in quell'album potevano vantare il featuring di Mark Greenway dei Napalm Death (cosa che di sicuro non ti fa diventare un asso se fai schifo, per carità, ma un motivo doveva pur esserci). Non voglio essere troppo prolisso, com'è mio solito fare, per cui sarò breve e conciso: "The Concreteness of Failure" è portavoce di un Metalcore (o Paincore, come la band specifica si descrive) sentito e suonato con tutti i crismi del caso; soprattutto cattivo e maturo al punto giusto. Perché, al giorno d'oggi non s'inventa niente o quasi, e perché ognuno può suonare, ovviamente, il genere che più gli aggrada. Ma auto-etichettarsi e non impegnarsi più di tanto (a livello compositivo s'intende) per una band può essere una cosa esiziale. Detto questo, ottimi i Mothercare, ed onore al merito che ha avuto la Kreative Klan nel credere sempre in questa band!
VOTO: 7/10
-LENA-
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