Sorti dalle ceneri dei Marshall, come una cupa fenice dal
dolce canto, gli HeavenShine, dopo un periodo di crisi e un cambio di
formazione, tornano sulla scena Metal italiana nel 2013 con il full-lenght
“Black Aurora”. La loro musica è frutto di un mash-up: Gothic Metal e
Progressive Metal. Un esperimento rischioso, giacché non vedo generi più
diversi: uno -il Gothic- teso ad
accendere l’emozione dell’ascoltatore sulle note di una dolce voce femminile;
l’altro -il Progressive- permeato di spirito “barocco”, volto cioè a stupire
l’ascoltatore, a sorprenderlo, attraverso tecnica estrema, strutture complesse,
tempi improbabili. Le premesse sono incoraggianti: gli HeavenShine sono
strumentisti provetti, dotati di grande tecnica e buona inventiva; hanno una lunga
esperienza compositiva; la new entry del gruppo, la vocalist Miriam Cicotti,
possiede un timbro formidabile, gradevolissimo, incantevole. Il risultato
complessivo ottenuto dalla band partenopea è tuttavia ambiguo. Da un lato vi
sono molti pregi: alcune canzoni bellissime; l’interpretazione magistrale di
Miriam Cicotti, sempre azzeccata e mai noiosa; strumentali brevi, ma fresche e
interessanti; una sezione ritmica efficace. Dall’altro, però, sussistono
parecchi difetti: un paio di brani inascoltabili; il vocalist maschile, Marco
Signore, spesso troppo invasivo, non sempre perfetto e con un tono troppo -come
dire- recitativo, operistico, da musical (che non si lega bene né con i brani
né con le vocals femminili); gli elementi Prog e Gothic non sono fusi poi così
impeccabilmente (spesso brani completamente Gothic si alternano a brani
totalmente Progressive; quando vengono tentati inserti di un genere all’interno
di una canzone dominata dall’altro, questi sono brutali, slegati, completamente
fini a se stessi). Affrontiamo singolarmente i brani.
"Atlantis Reloaded": un brano Gothic
Metal alla Nightwish, molto
orecchiabile e piacevole. Sin da qui si cominciano a notare pregi e difetti del
gruppo: belle idee, messe giù bene; voce femminile assolutamente magnifica;
voce maschile troppo invasiva e non sempre perfetta; un tono troppo operistico,
da musical (come già detto). Uno dei momenti migliori del disco: memorabile la
chiusura.
"Bean Sidhe": una breve (troppo breve,
ahinoi!) strumentale di palpabile influenza Angra.
"Black Aurora": la title track si snoda per 6
minuti all’insegna del Progressive Rock. Il Gothic sparisce completamente,
riaffiorano gli Angra nel ritornello, che ricorda tanto "Holy Land".
Nel complesso, senza infamia e senza lode.
"Dreamscape": dominata dalla vocalist Miriam
Cicotti, semplice e d’impatto, la canzone dimostra che, ridimensionando le
vocals maschili e lasciando maggiore spazio a quelle femminile, gli HeavenShine
sono in grado di sfornare pezzi di gran pregio. "Dreamscape"
rappresenta il momento più alto del disco: un buon compromesso tra le anime
Prog e Gothic, un ritornello trascinante e orecchiabile, una struttura ben
congegnata. Bella dal principio alla conclusione. Il solo rappresenta forse uno
stacco un po’ troppo netto, ma il ritornello è talmente incredibile che si può
ignorare la cosa senza problemi.
"Phantom Of The Opera": cover in chiave Metal
della famosa aria dell’omonimo musical. Come dite? L’hanno già fatto i
Nightwish... Sapete cosa vi dico? Avete ragione. Skippatela.
"Sutek Hetep": altra breve strumentale, dal
sapore arabeggiante.
"When the Father Lion mirrors the Stars":
altro pezzo fortemente ispirato ai Nightwish, con un riff iniziale alquanto
azzeccato. La canzone sarebbe stata ancora più bella, se le vocals maschili
fossero apparse meno frequentemente.
"Fear Me": ritorno alle frequenze Prog. Un
brano noiosissimo: alcuni bellissimi intermezzi di Miriam Cicotti, tuttavia,
evitano il fiasco completo.
"Embrace the Sun": una bella ballata, ricca di
linee vocali e overdub. Peccato per il solo di chitarra, bello in sé ma
completamente slegato dal resto della canzone. Clamoroso errore di distrazione
nella fase di mixaggio: un “Dai un attimo!” (o qualcosa di simile)
perfettamente udibile all’altezza del terzo minuto e mezzo.
"Sang Real": un fallimento completo. Atmosfere
operistiche, interpretazioni più da musical che da LP Heavy Metal, melodie
vocali vacue: il pezzo non arriva. Gli arrangiamenti non sono male, ma il
risultato finale induce, ad ogni modo, ad una certa dose di perplessità. Ignoro
cosa volesse trasmettere la band con questo brano. Un consiglio: meglio volare
basso, in futuro.
"Lucania": gli Heavenshine affidano la
chiusura a una strumentale evocativa, molto efficace e ben pensata.
Questi ragazzi napoletani hanno talento da vendere, ma troppe indecisioni da dipanare. Ci sono elementi che si salvano, altri che andrebbero ripensati. L’album sarebbe stato più efficace se le vocals maschili fossero state ridimensionate e quelle femminili meglio valorizzate. Il mash-up di Gothic e Progressive non è male, ma avrebbe dovuto essere ponderato più e meglio. Inserire una cover all’interno dell’album non è una scelta erronea (pensiamo ai Quiet Riot, che hanno ottenuto un successo strepitoso con la cover “Cum on feel the Noize” degli Slade), ma si rivela improbabile se la cover in questione è già stata presentata da un’altra famosissima band di genere simile (i Nightwish, appunto). Mutatis mutandis, il prossimo disco targato HeavenShine potrebbe rivelarsi sensazionale. Finora sono stato molto critico e severo e ho dato ampio risalto alle imperfezioni. Cionondimeno, “Black Aurora” è un album discreto: non impeccabile, certo, ma apprezzabile. In sintesi, questo il giudizio finale: “Cari HeavenShine, per oggi ve la siete cavata. Se vi applicaste maggiormente, potreste dare molto di più!”.
VOTO: 6,5/10
-Maglor-
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