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Egregi signori, ci troviamo qui al cospetto di una vera e propria opera d’arte, la quale non mi sento di affrontare senza una dovuta analisi del genere atta ad inquadrare al meglio il contesto suggeritoci dal suddetto album. Lascio quindi la parola all’ immenso Pino Scotto, direttamente da Database, interrogato da un fan sul DSBM: <<Già se mi dici Depressive cosa ti devo dire… Vai a fare in cul*, non rompere il cazz*, vai a trombar*…>> Ok, meglio passare oltre. Serva questo come monito per ricordarsi di considerare i commenti della “leggenda” alla stregua delle elucubrazioni filosofiche di Fabio Volo. Ma cos’ è allora il Depressive? Il Depressive è la trascrizione in forma musicale della fiamma che ha alimentato per anni il cuore di grandissimi artisti, da Goethe ad Hesse, quella fiamma che arde in ognuno di noi e che non potrà mai abbandonarci: la depressione. Parte della vita al pari della morte, non antagonista della luce ma colore indispensabile, punzecchia il cuore dalla mattina alla sera bramando la nostra attenzione, ma pur di non vedersi rovesciata su fogli, tele o spartiti si rifugia nei meandri dell’anima, ed ecco che ci tocca tentarla con avanguardie e virtuosismi, e attendere pazientemente il suo arrivo. Non impiegò forse Munch tutti i colori della tavolozza, e anche di più, per darci una sua fugace apparizione in Malinconia (lasciate stare l’urlo, please)? Quel dipinto dai colori vivaci, che ben poco ha a che fare con la depressione all’ occhio del profano, troppo abituato a discernere il bianco dal nero; no, signori, la depressione non implica colori scuri o visi resi pallidi dalla morte, malattie, ambienti sinistri. La depressione può essere espressa in un’alba, un sorriso, una bottiglia, qualsiasi cosa, se estrapolata dalla sua concezione materiale da prodotto usa e getta di elementare assunzione-comprensione (e conseguente rigetto). Questa la verità che ha illuminato i grandi Maestri del Depressive. Vogliamo confrontare la caotica durezza di Lifelover, Forgotten Tomb, Austere e Hypotermia con la ricercatezza di Det Som Engang Var di Burzum, la melanconica intro di Death Pierce Me di Silencer, la visione idealista del fanciullo sognatore incarnata da Alcest? Pochi hanno raggiunto la verità assoluta, pochi hanno raggiunto il nirvana e pochi lo raggiungeranno; i Thy Light sono fra loro. Poesia, genialità, bellezza, tanto da far accorrere persino Tim Yatras degli Austere, che vedremo duettare nella traccia omonima all’ album, abbandonano la sua bella Australia alla volta del Brasile. L’album si apre con "Suici.De.spair", che a discapito del nome ha ben poco a che fare con la rozzezza del primo demo, con quel graffiante low-fi privo di anima: un lento, con il piano, quasi ballabile, che non suscita in noi l’angoscia e il dolore con i quali si dilettava Nattramn, ma che funge da mezzo per l’anima di separarsi dal corpo ed elevarsi su fino alla coltre di nebbia del gruppo, per essere rifocillata di nuove emozioni; e via, in un crescendo di note alternate al silenzio. E slittiamo alla seconda traccia, "Wanderer Of Solitude". Manca ancora qualche passo al totale distaccamento, e un riff acustico ci trascina sempre di più, invitandoci subdolamente all’ incontro con la sostanza del disco. Siamo in alto, al di là dell’ Iperborea, al di là di Tir Na nÒg e di ogni luogo mai apparso ad occhio umano, e veniamo scaraventati giù dal primo accordo di elettrica. Cadiamo, spaventati ma coscienti, ad una velocità che piano piano diminuisce, per farci rendere conto dei nostri errori e dei nostri rimorsi, farci rivivere la nostra vita come in punto di morte, senza lacrime e col sorriso, il tutto in un turbine di chitarre e scream laceranti. L’album continua poi con "No Morrow Shall Dawn", un lungo velo di tastiere cala sulle nostre orecchie prima dell’ esplosione, affoghiamo in un mare nero inchiostro, in una sofferenza interna, indescrivibile, paralizzante e soffocante, un dolore ancestrale che permea nelle ossa, e quando attacca la parte in clean riscopriamo le gioie del movimento. Camminiamo, lenti, nei nostri incubi, toccando ogni cosa, fermandoci nei loro angoli più remoti, approfittando dell’occasione per scoprire che le nostre paure non sono effettivamente tali. "Corredor Seco" ci introduce nel folk: ci risvegliamo, siamo in una casa che non riconosciamo, scendiamo in strada, e tutto è distrutto; solo macerie, ovunque. È notte, ma vediamo ancora. Hiroshima? Norimberga? Chi può dirlo. Non un’anima viva. Continuiamo a camminare. Noi sappiamo che la salvezza è lì, oltre alla linea dell’orizzonte. Sembra spostarsi sempre, ma si ferma e solo un passo ci separa dal varcarla. Traccia cinque, "The Bridge". Oltre all’ orizzonte c’è solo una nebbia grigia, raddensata in più strati di nuvole. Ambient, con il sottofondo di una pioggia scrosciante. I nostri piedi non toccano più terra, diventiamo rapidamente bambini e poi invecchiamo alla velocità della luce. Cicatrici sul nostro corpo, graffi, ferite. Siamo soli, se ne sono andati tutti. Ci mancano. Non c’è più nessuno, solo noi e le nostre lacrime, che ci bagnano le ginocchia sulle quali siamo rannicchiati. Mamma? Papà?, chiamano le nostre voci, poi amici, conoscenti, parenti, in una lista che non finisce più. E continuiamo a muoverci, senza volerlo, ti prego, basta, ma non riusciamo a resistere e ci muoviamo. La lista termina e riparte daccapo, come un mantra. Voglio tornare a casa, "voglio ricominciare a vivere!", urliamo con l’ultimo respiro della nostra vita. Poi moriamo. Sentiamo l’anima guidata da mani a noi estranee, speriamo che ci riporti indietro, che ci ricongiunga al nostro corpo. Sentiamo i battiti del cuore, uno, due, cento, mille. Un ultimo tuono. Svegli, vivi. Stacchiamo l’iPod. 41 minuti. Ci restano tre cose: una lacrima sulla guancia, un forte senso di nostalgia e il ricordo annebbiato di qualcuno che non abbiamo mai conosciuto. Sole fuori dalla finestra, silenzio assoluto; usciamo a camminare. Questa avventura la ripeteremo domani, ora non c’è tempo. Questo è No Morrow Shall Dawn. Perfezione tecnica, creatività, anarchia e sentimento. Un viaggio indimenticabile, una futura pietra miliare che non potrà mancare sulla vostra libreria. Un disco che lancerà il gruppo e rivoluzionerà il Depressive Black Metal, ne sono sicuro. Ai posteri l’ardua sentenza.
VOTO: 10/10
-Mørke-
Ascolto: http://www.youtube.com/watch?v=uG5aYraiE-o
Facebook: https://www.facebook.com/officialthylight?fref=ts
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