giovedì 17 luglio 2014

USHAS - VERSO EST


“La strada corre, motociclette e un valzer di cilindri, guardando sempre verso il sacro Tibet. Verso est…”. Parole con cui si presentano gli Ushas, e non potevano essere più azzeccate. Band attiva dalla seconda metà degli anni novanta, vede attualmente Filippo Lunardo alla chitarra, Giorgio Lorito alla voce, Guido Prandi al basso e Giorgio Ottaviani alla batteria. Anche ad un orecchio un po’ distratto, non risulterà difficile intuire che questi ragazzi sono cresciuti a pane ed AC/CD, Deep Purple, Black Sabbath, dando vita a un Hard Rock/Heavy Metal genuino e potente. “Verso Est” è il loro primo album, dopo due singoli (“Io non sono qui” e “Shri Heruka”) pubblicati nell’estate del 2013. Gli Ushas non nascondono il loro amore per il viaggio, le due ruote,  l’Oriente e la filosofia tibetana… “Verso Est” è tutto questo, e non solo. Analizzando più dettagliatamente questo lavoro, la track numero uno, “Fuorilegge”, può essere considerata il biglietto da visita della band: Rock veloce ed energico e un testo che fa della strada (“questa strada è la mia amante”) e della notte l’habitat naturale del vero rocker, immaginandolo magari sfrecciare su una Harley-Davidson o una Triumph incurante dei limiti di velocità e degli autovelox. “Sangue e Carne” è un altro pezzo molto poderoso, dove la chitarra la fa da padrona, con giri e distorsioni tipici del Hard Rock anni ’70 ma non per questo meno efficaci e coinvolgenti. Anche in “Io non sono Qui” la chitarra ha il ruolo da protagonista, ma l’Oscar ex aequo se lo aggiudica la batteria, bella grintosa e aggressiva (soprattutto al minuto 2:36). In generale, questi tre pezzi, “liricamente” parlando, hanno al loro interno tutto l’immaginario del viaggio on the road, della leggendaria route 66, del tema primordiale del Rock: la libertà, intesa in tutte le sue sfumature. “La via della Seta” è quasi un intermezzo, una pausa ristoratrice dopo i primi pezzi all’ennesima potenza. Questa ballad è sinuosa e delicata come il tessuto di cui si parla, una carezza piacevole per le orecchie. “Verso Est”, a discapito di un testo poco pretenzioso, colpisce per la chitarra in levare intorno al minuto 2:16. “Shri Heruka” si caratterizza per un rapporto all’apparenza contrastante tra testo e musica: un invito alla meditazione (“adesso danza nell’estasi”) attraverso sonorità e ritmo molto energici. Questo paradosso non risulta però stridente, anzi, crea un mix esplosivo. “Dai Tetti di Gaden” è la seconda ballad presente nell’album: con un’intro che ricorda vagamente “The end” dei Doors, la chitarra accompagna dolcemente l’ascoltatore tra le mura del monastero tibetano a cui si fa riferimento nel titolo per poi rivelarsi in tutta la sua potenza a due minuti dalla fine. “Desperados” è invece un pezzo accattivante, molto veloce e serrato. Ascoltandolo, mi sono immaginata Lorenzo Lamas nella serie tv “Renegade”. Chi più di lui è un desperado, sempre in fuga, in sella alla sua moto? Il viaggio degli Ushas è quasi alla fine, mancano infatti “Yama” e “Maledetta Notte”: entrambe molto Speed ma se la prima si caratterizza per un Hard Rock d’annata, con l’inserimento dell’armonica a bocca a fare da ciliegina sulla torta; la seconda si apre con un riff trascinante e con il cantante che di fronte a proposte più o meno libidinose e lussuriose di una signorina (o sono due, tre?)  risponde: “maledetta notte, voglio andare a casa mia”!!! (il che mi ha molto divertito). Concludendo, nel complesso “Verso Est” è un album con una propria e ben delineata identità, che non nasconde le proprie fonti d’ispirazione, utilizzandole in maniera personale e ragionata. L’unica pecca forse sono i testi non molto ricercati ed originali. L’entusiasmo a questo gruppo non manca e questo è un buon inizio. Per ciò che riguarda il futuro, come dicono gli inglesi “we’ll see”.

VOTO: 6/10
-Nicole Sartori-



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